
[…] ammoniti da queste varie spezie di edificazioni [degli antichi], ci sforziamo con le nostre nuove invenzioni di agguagliarci a quelle, o veramente per laude superarle.
Leon Battista Alberti, 1452
Per comprendere la notevole portata intellettuale di un monumento simbolo del Rinascimento – il Tempio Malatestiano di Rimini -, occorre ripercorrere la strada di ammirazione per l’antico che Leon Battista Alberti non smise mai di coltivare.
Come ricorda Floriana Savino:
[…] L’Alberti, sin dalla più giovane età, fu autore di eccelsi trattati, è a lui che va l’invenzione di un certame coronario che si svolse […], nel 1441, sotto la cupola […] del Brunelleschi.
[…] L’arte e conseguentemente l’architettura, risvegliarono l’interesse dell’Alberti più tardi rispetto alla […] dedizione alle lettere.
Anticipando di secoli la figura dell’artista, la cui poetica si esprime fondamentalmente più sull’idea che nella creazione materiale, Leon Battista Alberti darà sfogo a realizzazioni ‘per mano di altri’, che racchiudono [una] inimitabile sapienza.

Courtesy Caterina Putaturo, dettaglio rivestimento esterno Tempio Malatestiano, Rimini
L’incontro con Sigismondo Pandolfo Malatesta
È il 1447 quando Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini e Fano, si interessa al complesso religioso di San Francesco. Se inizialmente la sua azione pare indirizzata al finanziamento per l’annessione di grandi e nuove cappelle di famiglia, molto presto Sigismondo sognerà di provvedere ad un ampliamento e trasformazione dell’intera chiesa francescana.
Come sottolinea Emilio Londi:
Non credo che in quell’anno il signore di Rimini vagheggiasse già l’idea di ridurre la gotica chiesa di S. Francesco, a tempio glorificatore della sua famiglia. Ma certo fin dai primi colloqui i due grandi uomini del Rinascimento si compresero e si ammirarono a vicenda, e quando pochi anni dopo Sigismondo affidò all’Alberti l’esecuzione del difficile lavoro, fu sicuro di trovare in lui l’interprete fedele della sua sconfinata ambizione, come l’Alberti, disegnando l’edificio a Sigismondo, era sicuro di prestare l’opera sua ad un signore che sapeva apprezzare l’altezza dei suoi ideali.

Courtesy Caterina Putaturo, Tempio Malatestiano, Rimini
Secondo le fonti storiografiche fu l’ottimo rapporto intrattenuto con la famiglia d’Este a favorire l’incontro fortunato tra il signore di Rimini e Leon Battista Alberti. Non è difficile allora immaginare l’esplosione di idee e pensieri alti, che guidarono la spinta verso un rifacimento intellettualistico di quell’antico edificio sacro (basti ricordare che la prima fondazione dell’edificio scomparso, Santa Maria in trivio, si deve ai monaci di Pomposa, per un arco temporale che oscilla tra il VIII e il IX secolo).
Leon Battista Alberti a Rimini
Benché non sia possibile esser certi della presenza a Rimini dell’Alberti prima del 1449, è più che evidente che la progettazione del rivestimento esterno del Tempio Malatestiano abbia risentito fortemente dell’influenza delle antiche rovine romane presenti in città: l’Arco di Augusto e il Ponte di Tiberio.
Il registro inferiore della facciata del Tempio presenta una disposizione degli elementi architettonici, perfettamente rintracciabile nell’arco riminese dedicato ad Augusto, a seguito della battaglia di Azio (31 a.C.).
L’Alberti, come molteplici altre figure eccelse del suo tempo, fu estremamente interessato a stabilire un grande, seppur innovativo, rapporto con l’antico.
La ricerca e lo studio minuzioso dei «pregevoli frammenti di un tempo ammirato», fluirono nella progettazione albertiana come punto cardine per ricercare un superamento stesso di tale immortale perfezione.

Courtesy Caterina Putaturo, putti di Agostino di Duccio, interno Tempio Malatestiano, Rimini

Courtesy Caterina Putaturo, dettaglio interni Tempio Malatestiano, Rimini

Courtesy Caterina Putaturo, crocifisso di Giotto, interni Tempio Malatestiano, Rimini
Altri si sarebbe forse contentato della semplice ammirazione: non l’Alberti, che non sapeva concepire l’ammirazione senza un diretto contributo di operosità verso la cosa ammirata, che non comprendeva come ci potesse essere lato nobile della vita al quale l’uomo colto non dovesse applicare l’ingegno; in una parola l’Alberti dal momento che conobbe e comprese la grandezza dell’arte del suo tempo sentì il bisogno di divenire artista.
Ma quale delle tre principali arti del disegno poteva con successo essere praticata da lui cui mancava quel substrato di cognizioni tecniche pur necessarie per ogni artista?
L’architettura sola, poiché questa è l’unica arte nella quale si può essere ideatori senza essere esecutori.

Filippo Casadei, interno cappelle Tempio Malatestiano, Rimini
Per il progetto fotografico e la collaborazione, si ringrazia Caterina Putaturo.
Riferimenti bibliografici
Londi E., Leon Battista Alberti, Alfani Venturi Editore, Firenze 1906.
Pasini P.G., Guida breve al Tempio Malatestiano, il Ponte, Rimini 2009.
Savino F., Con gli occhi delle idee. Scritti per un’altra storia dell’arte, Independently published, Torino 2023.