
Nella Palermo crocevia di culture, genti e saperi, abbracciata dal suo verde lussureggiante, rifulge il complesso religioso-monumentale di San Giovanni degli Eremiti.
Una bellezza cosciente dello scorrere inesorabile del tempo e il valore simbolico del dialogo, come fattore imprescindibile per l’incontro e l’inclusione, emanano dalla sua pietra viva; come rovina precaria e preziosa il complesso di San Giovanni degli Eremiti intona le note della più degna convivenza tra i popoli.
Una lunga storia
La pietra nuda del complesso di San Giovanni degli Eremiti, come un libro solcato da una pregiata scrittura, padrona del tempo, narra di un processo costruttivo dal lungo tragitto, attraversato da molteplici fasi, cospicui passaggi e altrettanti saperi.

Foto di Floriana Savino, complesso di San Giovanni degli Eremiti chiostro, Palermo 2024
Se il complesso oggi noto, come testimoniato da un fondamentale documento rinvenuto e risalente al 1148, risale al regno normanno di Ruggero II è altresì fondamentale connettere l’esistenza del medesimo complesso ad una prassi assai diffusa lungo tutto il corso della storia. Come, difatti, fu per il Tempio Malatestiano, che l’indomito signore di Rimini subito figurò alla sua mente ergersi sulle spoglie di un conglomerato preesistente, alla stessa maniera San Giovanni degli Eremiti muove su quanto in quel sito architettonicamente lo precedeva.
A tal proposito gli storici ritengono che la chiesa e il monastero normanni vennero innalzati partendo da evidenti preesistenze risalenti anche al VI secolo e ad un progetto voluto da papa Gregorio Magno.
Partendo dalla primaria costruzione di un quantomai evocativo tempio pagano, l’area si vide presto interessata dal progetto del monastero gregoriano dedicato a Sant’Ermete. Il X secolo, percorso dall’influenza araba, rende il medesimo sito alta espressione di un differente gusto architettonico, per giungere, tra il 1130 e il già citato 1148, a farsi dimora dei monaci benedettini di Montevergine, per volere di Ruggero II.

Foto di Floriana Savino, San Giovanni degli Eremiti, Palermo 2024

Foto di Floriana Savino, San Giovanni degli Eremiti, Palermo 2024
La posizione strategica del complesso di San Giovanni degli Eremiti rispetto a Palazzo Reale rese questo luogo di culto assai affezionato ai regnanti, che per un dato periodo si servirono dello spazio anche come area di sonno eterno per gli illustri di famiglia.

Foto di Floriana Savino, complesso di San Giovanni degli Eremiti chiostro, Palermo 2024

Foto di Floriana Savino, complesso di San Giovanni degli Eremiti chiostro, Palermo 2024
L’architettura, le forme, la simbologia
Intervenendo per liberare il pregiato complesso dalle manomissioni e modifiche intercorse lungo i secoli, nel 1877 l’architetto Giuseppe Patricolo si mise all’opera per riportare in luce l’originale bellezza e il colore di un luogo simbolo della città.
Le antiche tracce di intonaco rinvenute in loco sembrano guidare lo studioso verso la riscoperta della fenomenale colorazione delle cupole sovrastanti la chiesa di San Giovanni.
Una possente volumetria, dalla cadenza armonica e regolare, sorregge le belle cupole della chiesa, che svettano oltre il verde rigoglioso e la protezione muraria del complesso.
La pietra spoglia di una costruzione a croce commissa dialoga con un evocativo gioco di ampie campate quadrate e un dinamico arco ogivale, che di fatto le separa. Il transetto triabsidato conta di quello centrale sporgente verso l’esterno. Il diaconicon e il prothesis, rispettivamente collocati a sud e a nord rispetto al santuario, annoverano a loro volta piccole absidi, che rientrano nella spessa muratura della chiesa. Dal medesimo volume della prothesis si innalza la pregevole torre campanaria dall’impattante forma quadrangolare.

Foto di Floriana Savino, complesso di San Giovanni degli Eremiti vista dall’alto, Palermo 2024
La naturale bellezza dell’armonia tra i progressivi volumi cubici corteggia la dolcezza delle cupole emisferiche, che sugellano la superficie superiore dell’edificio. Una tale scansione del progetto compositivo rimanda alle meravigliose architetture di stampo islamico, copiose nel territorio nord-africano. Il complesso di San Giovanni degli Eremiti, evocando in struttura forme semplici come il quadrato e il cerchio, celebra un’idea di inclusività e incontro tra diverse culture, che muove nella preziosità del simbolico.
La sua architettura, ora restituita nell’immane bellezza, ora resa precaria dallo scorrere del tempo, offre la possibilità di intessere con la vista storie di impegno e apporti manuali diversificati, che di fatto hanno reso la nostra penisola ricca, accogliente e generosa.

Foto di Floriana Savino, complesso di San Giovanni degli Eremiti, Palermo 2024
La Sala Araba e quello che resta di un chiostro
Un piccolo passaggio aperto nella chiesa ha donato un ulteriore e appassionata possibilità di fruizione del meraviglioso complesso: proseguendo lungo il percorso narrato è, infatti, possibile accedere ad un evocativo interno, denominato sala araba. Gli studi intercorsi e l’impegno di Giovanni Patronico hanno difatti portato a considerare che, con molta probabilità, si tratti di una antica struttura islamica preesistente, riutilizzata dai costruttori normanni ricorrendo a modifiche strutturali e ulteriori inserimenti compositivi.
Proseguendo poi nello spazio aperto, profumato dai fiori e caratterizzato dal più devoto silenzio, presto ci si imbatte in quel che resta del colonnato nord-occidentale dell’antico chiostro. Un’ elegante e ritmica sequela, sugellata da archetti ogivali con colonne binate e a doppia ghiera, abbraccia quello spazio dove oggi regna maestosamente il verde. Benché non si disponga di una datazione certa riguardo la costruzione del chiostro, è quantomai presumibile essa risalga alla fine del XIII secolo.

Foto di Floriana Savino, complesso di San Giovanni degli Eremiti chiostro, Palermo 2024
La vita è nel giardino…
[…] Era un sogno, come è stato detto, fuori dal mondo,
un fatto squisitamente interiore e anche strutturalmente intimo.
Jean-Paul Roux, 1986
Il giardino, come aspirazione essenziale e primordiale comune a innumerevoli culture, vede nella calma e nella pace che in esso alberga, l’irripetibile possibilità di sentirsi a contatto con l’esser più autentico.
Come sottolinea Jean-Paul Roux:
[…] il vero giardino musulmano tradizionale […] non guarda fuori, ma dà sull’interno,
verso il centro, quasi verso il cuore dell’uomo.
[…] In concreto, questa visione si traduce nella “irrigazione di un frammento del deserto”
Cinto da alte mure, proteso verso l’intimità di uno spazio che non conosce lo sguardo esterno, un giardino profumato, che spesso sa assomigliare ad un tappeto dai mille bei colori, vive dell’armonia e del suo respiro.

Foto di Floriana Savino, complesso di San Giovanni degli Eremiti chiostro, Palermo 2024
La maestosità di un verde rigoglioso, mediterraneo e al contempo esotico per alcune specie ospitate, potrebbe, in ultimo, trarre in inganno riguardo l’origine stessa del giardino palermitano. Benché, difatti, sia quanto mai facile abbandonarsi al sogno e all’immagine che i giardini come quello del Generalife di Gradana possano in noi suscitare, è bene considerare come lo spazio verde, che abbraccia il complesso di San Giovanni degli Eremiti, venne così concimato e attuato sulla scorta di una tensione prettamente ottocentesca e romantica. Ne deriva che la gran varietà di specie esotiche portate, provenienti da terre scoperte e lontane, condiscano ancora oggi la bellezza di uno spazio che sa di molteplici incontri.

Foto di Floriana Savino, complesso di San Giovanni degli Eremiti chiostro, Palermo 2024
Bibliografia di riferimento
Marrone M., Il regno di Sicilia dai Normanni agli Aragonesi, Solfanelli, 2014.
Roux J.P., Giardini dell’Islam: un sogno fuori del mondo, in AA.VV., Capolavori del genio umano, Reader’s Digest Italia, Milano 1986.
Tocco F.P. (a cura di), Scienza, arte e cultura nella Sicilia normanna, Officina Studi Medioevali, Roma 2021.