Il posto danza verticale mole antonelliana

Parlare di architettura significa anche raccontare i corpi nello spazio. Corpi solidi e geometrici ma anche umani, capaci, questi ultimi, di dare nuove forme ai luoghi. Dopotutto, come teorizzato da Rudolf Laban, tra i più importanti coreografi del ‘900, il movimento è un’architettura vivente, creata da gesti umani e costituita da tracciati che delineano le forme presenti nello spazio (Choreographie, 1926).

Rileggere lo spazio architettonico attraverso la danza

Secondo Laban, il movimento si fonda su un sistema di coordinate spaziali. La sua conoscenza trasversale sfocia in un lavoro che vede come protagonisti i corpi inscritti nei solidi platonici, arrivando così a teorizzare un sistema di creazione del movimento. Il suo lavoro è diventato un punto di riferimento che ha portato alla nascita della danza creativa e di quella contemporanea. Uno dei contributi più importanti è la sua complessa teoria dello spazio espressa in due scritti: Choreographie del 1926 e Choreutics, pubblicato a Londra nel 1966.

Wanda Moretti, coreografa della Compagnia Il Posto Danza Verticale, si è con ogni probabilità lasciata ispirare da Rudolf Laban, per arrivare a sviluppare una forma d’arte oggi chiamata danza verticale. In questa espressione artistica, i performer danzano su architetture e piani verticali: la superficie degli edifici diventa il palcoscenico sul quale muoversi, dando vita a una relazione tra i corpi e lo spazio.

Danza vertical sul tempio votivo della pace

Il Posto Danza Verticale Tempio Votivo della Pace ©Wanda Moretti

Dalla sua fondazione nel 1994, la Compagnia Il Posto incentra le sue creazioni proprio sulla possibilità di mettere in relazione i corpi con le città, dove l’architettura stessa è testimone della storia e dei cambiamenti che si succedono nel tempo. I danzatori diventano così mediatori dei luoghi e degli spazi urbani attraverso le performance, riportando la storia nel presente, e interpretando questo rapporto in chiave attuale.

La danza verticale rimette in gioco l’aspetto percettivo dell’architettura: se da un lato la valorizza, dall’altro entra in dialogo con le sue superfici, le sue forme e la sua funzione.

A tal proposito, la Compagnia è spesso chiamata a collaborare con musei e beni patrimoniali, così come con spazi nuovi che si aprono alle città: luoghi che cercano di connettersi con la comunità e il contesto in cui sono immersi.

Avvicinare gli spazi museali attraverso le performance

Tra le istituzioni museali con cui hanno collaborato c’è l’M9, il Museo del Novecento di Mestre. Nel 2019, per l’opening del museo realizzato dallo studio berlinese Sauerbruch Hutton, la Compagnia Il Posto ha creato una performance con l’idea di mostrare le architetture in uno sviluppo itinerante.

Danza verticale M9

Il Posto Danza Verticale M9 ©Chiara Becattini

Dieci anni prima, invece, la Compagnia aveva creato una performance su commissione del Festival Roma in Scena per il nuovo Museo dell’Ara Pacis di Roma, progettato da Richard Meier. Si tratta di una struttura dalle forme rigide, con vetrate trasparenti alternate a parti in travertino e intonaco bianco.

In questo caso la coreografia ideata da Wanda Moretti affrontava il concetto di esposizione del corpo allo sguardo degli spettatori, proprio come avviene con le opere esposte nei musei. Stimolando nuovi punti di vista da parte degli spettatori e stravolgendo l’immagine della danza istituzionale, la Compagnia Il Posto ha saputo rimodellare lo spazio architettonico del museo esaltandone l’esperienza spaziale.

Danza verticale sull'Ara Pacis

Il Posto Danza Vericale Ara Pacis ©Alessandro Botticelli

Riprendendo il tema naturalistico, il Museo di Storia Naturale di Venezia situato presso il Fontego dei Turchi di Venezia, aveva commissionato alla Compagnia l’inaugurazione per la riapertura di una nuova sezione chiusa da tempo perché in fase di restauro.

In quel caso, la coreografia era ispirata alle cinquecentesche Wunderkammern, e i danzatori apparivano “spillati” sulle pareti esterne del museo.

La danza verticale pare quindi farsi portatrice di significati e tematiche capaci a loro volta di influire sul processo di narrazione dei luoghi, favorendone una rilettura.

Sfumare i confini spaziali

Spostandoci all’estero, la Mykolas Žilinskas Art Gallery situata in Lituania, è stata tra i gli spazi raccontati dalle creazioni della Compagnia. Filiale del Museo Nazionale d’Arte M. K. Čiurlionis, la Galleria è costituita da spazi solidi che rimandano in parte a quelli del Museo dell’Ara Pacis. In questo caso, però, la mancanza di finestre rende l’architettura imponente da un punto di vista percettivo, provocando un ulteriore distacco da parte di chi la osserva. Ancora una volta, gli spazi pieni sono diventati palcoscenico per i danzatori, che hanno sfondato’ con i loro movimenti la struttura massiccia del museo, innescando una relazione più naturale con lo spazio circostante.

La danza verticale è quindi in grado di sfumare i confini, come spesso ricorda Wanda Moretti. Nata e cresciuta a Venezia, il rapporto con l’architettura ha infatti sempre caratterizzato il suo percorso di vita.

Il movimento nello spazio caratterizza infatti la vita degli abitanti veneziani, abituati a convivere con diversi livelli spaziali tra acqua, ponti ed edifici che si intrecciano e sfumano gli uni negli altri. Allo stesso modo, la danza verticale rende penetrabili le architetture con cui entra in contatto.

Danza verticale su Kaunas

Il Posto Danza Verticale Kaunas ©Wanda Moretti

Nuove relazioni tra spazi e persone 

Nonostante diverse architetture sulle quali i danzatori si sono esibiti negli anni siano costituite da facciate piene, molte, al contrario, sono ricche di archi, bifore e trifore, che rappresentano vere e proprie sfide per i performer. Diventa quindi essenziale in ogni creazione rimettere sempre in discussione le opportunità date dallo spazio.

Tra alcuni dei musei più interessanti per i quali la Compagnia Il Posto ha realizzato performance site-specific, si ricordano il Museo di Castelvecchio a Verona, ma anche il Museo Madre di Napoli e il Museo di Piazza Navona a Roma, il Museo Nazionale Atestino ad Este, Palazzo Roverella e la Pinacoteca Accademia dei Concordi a Rovigo.

Danza verticale a Lucca

Il Posto Danza Verticale Lucca – Unknown

Interagire con i materiali delle architetture in modo del tutto nuovo genera un senso di rispetto, gratitudine e sorpresa nei danzatori, come nel caso dell’antica torre trecentesca della Chiesa di San Michele a Lucca. Queste sensazioni vengono trasmesse agli spettatori che osservano le esibizioni: nasce perciò una riflessione sugli spazi, valorizzati dalla danza verticale e dal ruolo fondamentale del corpo sulla materia.

Sfumano quindi i confini e cambiano i rapporti. L’assenza delle convenzioni teatrali e di un’area visiva designata, segna l’inizio di una nuova relazione tra spazi quotidiani, danzatori e pubblico. Al tempo stesso, il paesaggio diventa tutt’uno con i performer, mentre gli sguardi incuriositi di chi casualmente o volontariamente si ferma ad osservare si riempie di nuove prospettive.